“Vieni Signore… non andrò lontano per cercarti”

(III domenica di Avvento – Is 35,1-6.8.10 e Mt 11,2-11)
La liturgia di questa domenica, ci invita più volte e con modulazioni diverse a “gioire” per l’approssimarsi del Signore che viene. I cieli quasi si aprono e il Salvatore è alle porte… possiamo incamminarci nella notte con la luce nel cuore.
Il motivo della gioia è indicato fin dall’antifona d’ingresso, da cui prende il nome questa domenica (Gaudete): “Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino”. È la gioia di chi attende con speranza il Signore… è la gioia di chi vede il realizzarsi la salvezza del Signore con i segni concreti dell’amore e della guarigione verso i poveri, i malati, i disperati.
La vita a volte ci soffoca con i suoi ritmi! A quanti si sentono da essa traditi… a chi è schiacciato dalla malattia, dalla perdita del lavoro, dal lutto, da un amore o un’amicizia finita, Isaia dice: “Dite agli smarriti di cuore: Coraggio, non temete, ecco il vostro Dio… Egli viene a salvarvi!”.
Ma ancor prima: “Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa… si canti con gioia e con giubilo”. È l’inno alla gioia, per la liberazione di Israele dalla schiavitù. Ora, il popolo è in cammino verso la patria, e in questa marcia, lunga e faticosa, tutto ha un sapore nuovo… acquista nuova luce e nuova vita, tanto che, anche il deserto, sembra fiorire, sotto i passi di quanti, dopo anni di oppressione, sperimentano l’esultanza di esser nuovamente liberi.
A quanti potrebbero perdersi d’animo per i disagi del lungo percorso, il Profeta dice: “Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti… coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio…Egli viene a salvarvi…”. Ok… questa è la storia di Israele… il popolo “eletto”… ma in essa ritroviamo la storia di tutta l’umanità, fatta di grandezza e, molto più spesso, di fallimenti, di povertà e di dolore; è la storia di uomini, donne e bambini, che Isaia cita perché presenti tra gli Israeliti che camminano nel deserto e sono ciechi, sordi, zoppi, muti… che stanno ad indicare l’uomo in tutta la sua fragilità. Eppure, il Natale viene a dirci che questo è il corpo che Dio ha voluto fare suo, con l’incarnazione del Figlio.
Di questa identificazione del Figlio di Dio, con gli ultimi, i poveri e i sofferenti, il vangelo di questa domenica ci dà conferma, nella risposta, che il Maestro dà ai discepoli di Giovanni: “Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: i ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella…”; è una identificazione sconcertante, Gesù lo sa, e chiaramente lo dice: “…beato colui che non si scandalizza di me…”, di Lui, il Messia che non esercita altro potere, se non quello dell’amore che guarisce, perdona e salva. Dove il Signore tocca, por¬ta vita, guarisce, fa fiorire. “Beato colui che non si scandalizza di me”.
Chi aspetta un Dio potente si scandalizza di Gesù che parla di buona novella ai poveri, che sta con chi è cieco, storpio, lebbroso, sordo, morto… E noi? Quale Dio desideriamo incontrare a Natale? Se è il Dio del cielo, allora Natale non c’è per noi… perché l’Onnipotente si fa bambino e lo si trova in una mangiatoia… piccolo figlio di una giovane donna di Israele.
Come sarà questo Natale, se non togliamo dalla nostra immaginazione il Dio potente e forte… il Dio magico che tutto risolve, e non mettiamo davanti ai nostri occhi quel volto di bimbo da confondere tranquillamente con il volto di qualsiasi bimbo? Prepararsi al Natale significa, allora, convertire lo sguardo… guardare e guardarci con occhi nuovi. Impariamo a riconoscere i segni della presenza di Dio… alziamo lo sguardo dal nostro dolore per accorgerci di Dio che viene per salvarci.
E allora vieni Signore, non andrò lontano per cercarti. So che sei proprio tu colui che deve venire, che è già venuto! Hai cosparso la mia vita di indizi… Vieni Signore Gesù, apri il nostro cuore allo stupore… e sarà Natale!